Marco 7, 24-30  

24 Partito di là, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. 25 Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi. 26 Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, d’origine siro-fenicia. 27 Ed egli le disse: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 28 Ma essa replicò: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». 29 Allora le disse: «Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia». 30 Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

.

Matteo 15, 21-28  

21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».23 Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 24 Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 27 «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Ludovico Carracci, Cristo e la Cananea, 1593 ca., Milano, Pinacoteca di Brera (Wikipedia – Pubblico dominio)

.

,

RIFLESSIONE

Gesù, nel Vangelo, si trova spesso a sfidare le barriere culturali, religiose e sociali del suo tempo, come emerge chiaramente nell’episodio dell’incontro con la donna cananea.
Dopo una dura disputa con i farisei e gli scribi, in cui aveva denunciato la loro ipocrisia e il loro distacco spirituale, Gesù si spinge in terra pagana e si confronta con una donna che manifesta una fede autentica e profonda.

I discepoli reagiscono con insofferenza, infastiditi dalle grida della donna e chiedono a Gesù di allontanarla. Questa reazione rivela un atteggiamento escludente e una mancanza di comprensione del messaggio universale che Gesù stava incarnando.

Nel dialogo con la donna cananea, emerge il tema della salvezza universale. Gesù, pur ribadendo inizialmente la sua missione primaria verso Israele, insegna che il piano di Dio non si limita a un solo popolo, ma è destinato a raggiungere tutte le nazioni.
Il riconoscimento della priorità di Israele nella storia della salvezza non implica esclusione, ma un ordine provvidenziale che conduce progressivamente alla pienezza del Vangelo per tutti.

La fede della donna, che accetta con umiltà questa realtà senza rinunciare alla sua richiesta, diventa il fulcro del racconto.
È un insegnamento potente:
la salvezza di Dio non è riservata a chi presume di meritarla, ma è un dono per chi la accoglie con fede e fiducia.
La sua perseveranza viene premiata, mostrando che la fede può abbattere qualsiasi barriera.

Questo episodio offre un insegnamento sempre attuale. L’umanità ha spesso eretto muri per separare “i puri” dagli “impuri”, “i giusti” dai “peccatori”, “i vicini” dai “lontani”. Queste divisioni trovano espressione in atteggiamenti di paura, intolleranza, e incapacità di dialogare con chi è diverso. Talvolta, tali barriere sono giustificate con la difesa dell’identità o dei valori, ma rischiano di celare insicurezze profonde e mancanza di fede nella capacità di Dio di trasformare ogni cuore.

Gesù, però, invita a un superamento di queste discriminazioni. Nessuno è “vicino” a Dio per meriti propri: tutti siamo in cammino verso di Lui, bisognosi della Sua misericordia. Come afferma nel Vangelo: “I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno di Dio” (Mt 21,31). Solo chi riconosce la propria fragilità e si abbandona alla grazia di Dio può veramente accogliere la salvezza.

Anche nell’Antico Testamento troviamo un progressivo allargamento degli orizzonti. Isaia, per esempio, prefigura un tempo in cui il tempio del Signore diventerà “casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56,7). Questa visione universale contrasta con alcune restrizioni del Deuteronomio, che riflettevano il timore di Israele di perdere la propria identità attraverso il contatto con gli stranieri.

L’esperienza dell’esilio babilonese fu un momento di crescita per il popolo di Israele. Lontano dalla loro terra, costretti a confrontarsi con culture diverse, gli israeliti iniziarono a comprendere che molte delle loro paure erano infondate. Scoprirono che anche i pagani possedevano valori morali ed elementi di verità nelle loro religioni. Questa apertura influenzò alcune correnti di pensiero al ritorno dall’esilio, anche se non mancarono resistenze, come dimostrano le posizioni intransigenti di figure come Esdra.

Il profeta Isaia si erge come una voce di speranza e apertura. Con uno sguardo ampio e libero da pregiudizi, proclama che il tempo delle divisioni e delle discriminazioni è destinato a finire. Gli stranieri che onorano il Signore e vivono secondo i Suoi comandamenti saranno accolti sul monte santo, dove offriranno sacrifici e preghiere insieme al popolo di Israele. Questa visione universale anticipa il messaggio del Vangelo: in Cristo, tutte le barriere cadono, e ogni persona è invitata a entrare nella casa di Dio.

Questo episodio ci sfida a riflettere sul nostro rapporto con gli altri e con Dio. Siamo chiamati a superare ogni forma di esclusione e a riconoscere che la salvezza è un dono per tutti, senza distinzione. Gesù ci insegna che la fede autentica è il vero ponte tra l’umanità e Dio, capace di unire popoli diversi in un’unica famiglia.
La casa di Dio non è riservata a pochi eletti, ma è davvero una “casa di preghiera per tutti i popoli”.

.

torna a:  Lasciamoci guidare 

 

Condividi: